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Kawaguchiko

  • Tommi
  • 6 ago
  • Tempo di lettura: 3 min

📍 Location: Kawaguchiko


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Seconda gita fuori porta: Kawaguchiko.

Eterna nemica di Hakone in quanto a location per fotografare il monte Fuji. Ovviamente da noi scelta per il punto panoramico di Arakurayama.


Second trip outside the city: Kawaguchiko.

Hakone's eternal rival as a location for photographing Mount Fuji. Obviously chosen by us for the best panoramic view of Arakurayama.




L’idea era semplice: prendere il bus delle 8:30 da Shibuya per Kawaguchiko, con calma, magari un thè al volo e poi via verso il Monte Fuji. Ma non sapendo esattamente dove fosse la stazione dei bus (spoiler: non lo abbiamo ancora capito noi), decidiamo prudentemente di partire alle 6:15 del mattino.

Parte così una piccola odissea urbana: dodici rampe di scale, tre ascensori, un cantiere che manco nei livelli avanzati di Tetris e una conversazione surreale con un poliziotto fuori servizio che sembrava uscito da un film di Kitano. Alla fine, come nei migliori plot twist, scopriamo che la stazione è in un parcheggio... al quinto piano. Sì, il piano terra era troppo mainstream.

Arriviamo alle 7:26 e ci guardiamo negli occhi: il bus delle 7:30 è lì, caldo, pronto. E vuoi forse non prenderlo?

Saltiamo su e inizia il viaggio: tre ore di bus. All’arrivo a Kawaguchiko, Francesca evolve. Da versione base "turista sorridente" a quella finale "generale dell'esercito delle linee di bus".

Con in mano una mappa arcobaleno comincia a spiegarmi il piano d’attacco: bus rosso, 32 minuti per un giardino kitsch sulla sponda opposta; bus verde, 38 minuti per una pagoda costruita nel 600 (forse); treno, 26 minuti per un’altra pagoda con vista Fuji. E io lì, che annuisco, accettando il mio destino.

Kawaguchiko si rivela essere una sorta di Sirmione al ponte del 2 giugno, ma con più americani e meno gelato. Ogni angolo è pieno, ogni ristorante è una trappola per turisti, e anche l’onigiri più triste viene venduto a prezzo di caviale beluga. Francesca, indignata e determinata, pronuncia le fatidiche parole: “Non avranno i miei soldi.” Variante bohème attivata: irruzione al 7-Eleven più vicino, da cui usciamo con 12 onigiri, 3 banane, 2 mochi e 2 litri d’acqua per 8€ totali. Pranzo consumato seduti per terra davanti ai locker della stazione. Spartano sì, ma con vista Monte Fuji. Location, Dièshi!

Ritemprati, prendiamo il treno per la pagoda di Arakurayama. Ed è lì che tutto cambia. Un luogo fuori dal tempo, con una vista sul Fuji mozzafiato. Peccato solo scoprire, con grande enfasi di Francesca, che qualche giorno prima è stato avvistato un orso nei dintorni. L’orso bruno giapponese. Il suo nemico naturale.

I Giapponesi però non si fanno cogliere impreparati: vendono bastoni con campanelle per spaventare gli orsi. Ovviamente ne compriamo uno. Altro passo sulla via del Samurai.

In realtà, la creatura più aggressiva della giornata si rivela essere il sole. Il sudore è costante, onnipresente, imbarazzante. Eppure, mentre noi grondiamo come fontane, gli altri turisti sembrano appena usciti da una seduta di meditazione: asciutti, composti, freschi. Ma loro non sudano??

Riprendiamo la Chou Line con un treno locale che si ferma letteralmente in ogni villaggio, cascina, edicola e distributore automatico lungo la via. Arriviamo a Tokyo per le 20, esausti ma felici.

Ultima missione della giornata: trovare un posto che serva Juwari Soba, 100% grano saraceno. Dopo intense ricerche e mille recensioni incrociate, ne scoviamo uno nascosto in una via laterale, popolato solo da salarymen. Tavoli separati da plexiglas, atmosfera silenziosa da riunione del CDA (che brutto socializzare mentre si mangia), ma soba eccellente.

Torniamo all’hotel distrutti ma con il cuore pieno. Francesca ha un bastone con campanella e io una foto del Fuji che sembra uscita da un film. Giornata perfetta.


1 commento


Jacopo Corno
Jacopo Corno
06 ago

Tanta roba!

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