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Nakasendo trail

  • Tommi
  • 10 ago
  • Tempo di lettura: 4 min

📍 Location: Magome e Tsumago


La strada Nakasendo ci fa tornare per qualche giorno in pieno periodo Edo. Con le sue costruzioni autentiche, i campi di riso e gli scorci sulla valle di Kiso, il caos delle grandi città è lontano.


The Nakasendo Road takes us back to the Edo period for a few days. With its authentic buildings, rice fields, and views of the Kiso Valley, the chaos of big cities is far away.





Matsumoto con il suo "Corvo Nero" (alias del castello) ci rimarrà nel cuore, ma é tempo di guardare a nuove mete.

Per la prima volta da quando siamo arrivati decidiamo di usufruire di uno dei servizi più famosi del Giappone: la spedizione dei bagagli. Ci alleggeriamo così dalle zavorre inutili per incamminarci leggeri alla volta della valle di Kiso. Chissà se i bagagli nel frattempo arriveranno a destinazione...

Prima tappa: Magome

Ma visto che non siamo mai sazi di esperienze (e di coincidenze dei treni), sulla tratta della famosa Chou Line decidiamo di fermarci un paio di ore a Narai, caratteristico paesino proprio sulla strada postale che veniva utilizzata in periodo Edo.

Durante la nostra visita e in previsione della giornata successiva, compriamo l'oggetto tanto agognato da Francesca: la campanella anti orso. Sul momento mi viene da ridere. "sì... i famosi orsi giapponesi", ma poi quello dell'ufficio del turismo ci dice, con il solito sorriso nipponico, che effettivamente ne hanno visto uno ieri: "Tranquilli, non sono pericolosi come quelli a Sapporo". Partiamo benissimo.

Questa è La campana, quella dell'ufficio turistico, non fatevi fregare da quelle ciofeche che si trovano in qualsiasi negozio di souvenir: è registrata a tuo nome, schedata, che se volessi restituirla un domani ti ridanno pure la "caparra" (se sopravvivi).


Dopo una visita al ponte di legno di Narai e un pranzo gentilmente offerto dal 7-Eleven, riprendiamo il regionale della Kiso Valley che ci porta a Nakatsugawa in meno di un paio di ore. Lì troviamo un gruppo di cinquantenni compatrioti: chiassosi, esuberanti, vistosi e molto fastidiosi. Parte l'operazione "Tommaso tu sei tedesco". Le comunicazioni tra me e Francesca si riducono a quelle dei monaci del monte Athos e, in ogni caso, sono per via scritta: non vogliamo farci scoprire dagli stimati connazionali. Sul bus che ci porta a Magome la situazione precipita: risate, valigie sparse nel bus e svaccamento stile triclinio romano con tanto di selfie da gita scolastica di terza media. L'autista giapponese non sa come comportarsi e si chiude dentro il suo abitacolo sperando che l'orda barbarica scenda a Magome.

Ovviamente scendiamo tutti assieme e con un inglese accentato tedesco saluto gentilmente i connazionali che, fortunatamente, non alloggiavano al nostro ostello.

Magome è un gioiello incastonato nelle montagne: semplice ed elegante con la sua strada costellata di mulini ad acqua, domina la valle e i campi di riso, sembra di essere in un film di Miyazaki. Ken e Yuki sono i nostri padroni di casa e ci ospitano in quella che è una delle più belle stanze dove siamo stati fin ora, nonché la nostra prima in stile giapponese. La loro guest house assomiglia più a un hotel a cinque stelle vista la cura, l'eleganza e la perfezione dedicate agli ospiti: davvero una scelta azzeccata!


Dopo una notte riposante su futon molto comodi, ci svegliamo e sappiamo entrambi cosa ci aspetta: la traversata nel bosco da Magome a Tsumago. 8 km di foresta giapponese su un sentiero mai fatto e.... con l'orso alle calcagna. Piove, ça va sans dire,

ma decidiamo di partire ugualmente. I cartelli di attenzione all'orso aumentano con il progredire del sentiero e diventano sempre più grandi e colorati. Francesca però ha la sua campana personale a protezione e procede sicura.

Sulla strada passiamo per un'incantevole foresta di cipressi giapponesi, fermandoci a sorseggiare del the gentilmente offerto in una casa stile Edo lungo la via. Dopo un paio d’ore tra saliscendi e ponticelli di legno, finalmente appare Tsumago, un piccolo gioiello di case in legno scuro, stradine lastricate e lanterne accese, fermo nel tempo.

Non possiamo però cullarci troppo nella bellezza del villaggio: ci aspetta l’unico autobus della giornata per Takayama e perderlo significherebbe restare bloccati qui fino a domani. Arriviamo alla fermata giusto in tempo per salire e comincia così un viaggio di tre ore precisissime (come solo in Giappone sanno fare).

Fuori dal finestrino, la pioggia non accenna a fermarsi, anzi: più ci allontaniamo, più diventa intensa. Il fiume che costeggiamo si gonfia a vista d’occhio, l’acqua si colora di un marrone sempre più scuro e la corrente accelera, impetuosa. È uno di quei momenti in cui ringrazi di essere sul bus… e non su una canoa.

Sopravvissuti al viaggio e grati di non aver incontrato nessun orso lungo il cammino, decidiamo di rifocillarci in un ristorante specializzato in… carne d’orso. Ciò che non ti uccide, ti fortifica. Per festeggiare ordiniamo anche una bottiglia di vino giapponese, complice perfetta per attaccare discorso con una simpatica coppia di Takayama appena rientrata da un viaggio in Italia.




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